Introduzione

Circa cento anni fa, la maggior parte dei popoli africani viveva in comunità omogenee; tribù o nazioni di una stessa lingua, stessa religione, stessa cultura con minimi contatti col mondo esterno eccettuati i loro vicini immediati con i quali vi erano scambi di idee, servizi e beni di consumo. Queste comunità africane tradizionali non erano interessate a cercare di imporre i loro costumi, la religione o la lingua ai loro vicini, e ogni scambio di idee avveniva per osmosi ogni volta   che era necessario ed era vicendevolmente vantaggioso farlo. L’eredità religiosa africana non aveva missionari e nessuno cercava di convertire l’altro.

In alcune parti dell’Africa e specialmente nell’Africa a nord del Sahara, le due re- ligioni abramitica e semitica dell’islam e del cristianesimo sono esistite per secoli, ma solo negli ultimi cento anni l’Africa a sud del Sahara è stata in grado di abbracciare queste religioni al punto che Geoffrey Parrinder, nel suo libro, definisce la situazione religiosa in Africa composta da «tre religioni» e cioè: religione tradizionale, cristianesimo e islam (2). Il professore All Mazrui descrive l’eredità africana come «triplice eredità» e precisamente: africana (tradizionale), islamica e cristiana occidentale (3). Si può osservare che le due religioni semitiche, cristianesimo e islam, hanno aggiunto una nuova dimensione allo scenario africano: quella mis- sionaria, e di conseguenza una dimensione intollerante fino ad allora sconosciuta al popolo africano. Queste due religioni generalmente consideravano le religioni africane tradizionali, eredità sia del paganesimo, dal quale il popolo africano deve essere salvato, sia dalla superstizione, dalla quale le popolazioni africane debbono essere liberate.

Mentre si può dire che l’islam è risultato più simpatico del cristianesimo alla reli- gione tradizionale africana, entrambe le religioni hanno manifestato una relativa intolleranza non solo nei confronti della religione africana, ma anche fra di loro.

Molte volte questa intolleranza è stata disastrosa: come è accaduto in Uganda nel 1880 e in Nigeria nel 1980 (4).

Vi è stata competizione non solo fra queste due religioni missionarie ma anche fra le varie fazioni, alcune minori, altre maggiori, di queste religioni. Le competizioni tra grandi fazioni islamiche e cristiane hanno avuto, talvolta, per risultato aperti conflitti e ostilità, ma più spesso sfiducia e un clima in ogni fazione che «protegge» i suoi aderenti dalla contaminazione delle altre fazioni. Questo stato di cose ha a lungo caratterizzato la situazione religiosa in Africa fino ai nostri giorni. Noi, a questo punto, desideriamo affermare che non vi possono essere pace e unità durevoli in una situazione in cui abbondano il sospetto e l’intolleranza. Che piaccia o no, indi- pendentemente dalla convinzione religiosa, il mondo e l’Africa stanno diventando sempre più pluralistici. Ne deriva che le persone hanno una scelta, o la debbono fare, nell’ambito delle idee sia religiose che sociali e politiche, e la logica opzione per un mondo moderno non erige nuovi muri divisori fra i popoli, le idee e le religioni, ma li abbatte per permettere all’uomo moderno di abbracciare il sistema di credenze da lui preferito, senza ostacoli. Noi, inoltre, desideriamo affermare, a questo punto, che i governi non accordano questa libertà di credenza come privilegio ai loro sudditi, e che il primo dovere dei governi è di garantire tale libertà e di proteggere i sudditi perché possano praticare liberamente le convinzioni da essi scelte. Senza una cultura della tolleranza, fatta di simpatia e di «apertura» agli altri, tutte queste libertà anche se garantite dalle Costituzioni di stato, sono prive di significato e la pace e l’unità dei cittadini possono risultare più apparenti che reali. Una delle più paurose realtà della storia è stata il ruolo dell’ideologia nella creazio- ne della cultura. Vorremmo così definire l’ideologia: «un modo di pensare caratteristico di una persona, di un gruppo o di una cultura; le asserzioni integrate, le teorie e gli scopi che costituiscono un programma sociopolitico» (5). Religione e cultura non possono essere separate e il principale argomento di discussione fra gli studiosi è stato se la religione è il prodotto della cultura o se questa è il prodotto di quella. Ciò che invece non è oggetto di discussione è il rapporto fra religione e cultura.   Le due religioni missionarie, cristianesimo e islam, venute in Africa, non erano solo religioni teologiche caratterizzate dalle loro affermazioni monoteistiche ma anche religioni ideologiche caratterizzate da una cultura di conquista e di esclusivismo. Il cristianesimo occidentale e la civiltà islamica o arabica sono stati pionieri nella propagazione di ideologie teologiche che sono intrinsecamente intolleranti. L’ideologia è sempre giusta e non coltiva idee alternative. Essa fiorisce sulle manifestazioni emotive e «nativistiche». Insicura di se stessa, l’ideologia è sempre in guerra contro nemici reali o immaginari. Ideologia e fondamentalismo, sia politici che religiosi, sono buoni compagni di letto. Non possono avere torto. Ritengono che la volontà divina e la loro volontà siano una stessa cosa. Dopo un cammino sanguinoso nel corso della storia del Medio Oriente e dell’Europa, le due religioni missionarie non hanno risparmiato l’Africa nelle loro mischie ideologiche.

Queste religioni, però, non sono state solo ideologiche, ma anche teologiche. Strettamente definita, la teologia è un discorso su Dio. In questo caso, gli   esseri umani confidano in quelle che ritengono essere le vere fonti di quanto pensano e affermano su Dio, sia che si tratti di tradizioni non scritte, come nel caso dell’ere- dità religiosa africana, o della Bibbia e del Corano riguardo al cristianesimo ed all’islam. La teologia è un tentativo degli esseri umani finiti di penetrare i misteri di una divinità infinita. Presa come tale, e spogliata della sua arroganza ideologica umana, la teologia dovrebbe suggerire un senso di umiltà e di tolleranza nell’umana ricerca della soddisfazione spirituale. Gli esseri umani dovrebbero lasciare a Dio il definitivo giudizio sulle credenze, sui pensieri e sulle azioni dei loro simili. In altre parole, l’umanità religiosa dovrebbe sospendere i propri giudizi «finiti» (limitati) sugli esseri umani in materia di credenza religiosa. Questa posizione teologica e non ideologica era, a mio parere, quella praticata dalle popolazioni africane prima che in Africa venissero l’islam e il cristianesimo. La gente combatteva su questioni puramente terrene come territori, appartenenza del bestiame, mai sulla religione.

Il bisogno di tolleranza in un mondo pluralistico

Noi stiamo vivendo in un mondo che sta diventando sempre più pluralistico per cui nessun sistema, sia esso politico o religioso, potrà continuare a pretendere di avere un monopolio su un gran numero di popoli del mondo. I più minacciati dal pluralismo sono i sistemi totalitari nel mondo. Questo, spesso, ha condotto alla ricomparsa di alcune forme di fondamentalismo; ma questi tentativi fondamentalistici, anche quando in apparenza vittoriosi, sono i sistemi più insicuri e fragili nella cultura contemporanea. L’uomo moderno desidera essere più ragionevole, più tollerante e più aperto a nuove idee. Le comunicazioni moderne e la reciproca azione umana sembrano spingere il mondo verso un villaggio globale ed una civilizzazione del mondo in cui le convenzioni internazionali che denunciano tutto quello che divide o discrimina si ripetono e si rinnovano anno dopo anno. La sola intolleranza che la gente del mondo sembra sopportare con grande unanimità è quella per l’ingiustizia, la vittimizzazione, la discriminazione, la tortura, l’oppres- sione e la negazione dei diritti umani.

Questa cultura di tolleranza è stata provocata dal desiderio di sopravvivenza delle specie umane, per cui l’umanità si va convincendo sempre più che noi vivremo o morremo insieme e che la sopravvivenza umana dovrà essere collettiva e non selettiva. Riguardo all’intolleranza religiosa, sovente essa è stata generata dall’ignoranza e dall’egoismo. Tutte le religioni dell’umanità hanno fondamentalmente quattro elementi principali. Primo: esse tutte credono nell’origine e nell’essenza sovrannaturale e divina del mondo materiale. Secondo: tutte le religioni credono che l’uomo non sia Dio e manifestano con parole ed azioni rituali quello che esse professano di credere. Terzo: tutte le religioni insegnano qualche forma di moralità. Tutte hanno un’idea del fatto che alcune azioni sono morali ed altre immorali, che certe cose sono vere ed altre false, che alcuni modi di comportarsi sono nobili ed altri ignobili e che l’uomo è libero di scegliere ciò che è buono e ciò che buono non è che è pronto a subire le conseguenze delle sue scelte. Quarto: tutte le religioni affermano che l’essere umano può entrare in contatto col mondo spirituale me- diante rivelazioni, sogni, visioni ed anche certe esperienze estatiche. Le persone comuni dicono di udire voci del mondo divino odi constatare la presenza divina in qualche maniera sovrannaturale. Questi quattro elementi sono fondamentali in tutte le esperienze religiose dell’umanità. Alcune di esse possono porre l’enfasi sull’uno o sull’altro elemento però tutte, più o meno, hanno questi elementi in comune. Quello che può aiutare le persone religiose del mondo è di apprezzare, per prima cosa, quello che esse hanno in comune al posto dell’abituale denuncia e sciovinismo. In questo modo tutti i credenti in Dio sarebbero in grado di rispettarsi e di apprezzarsi vicendevolmente più di quanto hanno fatto fin qui. Nella situazione africana, dove gli africani hanno una eredità di tolleranza religiosa, e di libertà dall’esclusivismo dogmatico, uno spirito di mutuo rispetto per tutte le religioni potrebbe essere facilmente coltivato al di là di quanto lo sia oggi.

In alcuni paesi africani la tolleranza religiosa è stata il risultato di certe religioni o tradizioni religiose che hanno un predominio storico su tutte le altre. Le religioni predominanti affermano di avere il diritto di recitare ruoli dominanti in tutte le questioni nazionali e religiose con poco o nessun riguardo per i sentimenti e i diritti delle religioni e delle denominazioni che sono in minoranza. Talvolta queste religioni dominanti si arrogano il compito di definire tutte le questioni di natura religiosa nell’ambito delle loro nazioni, spesso a svantaggio dei gruppi religiosi minoritari. Là dove l’islam domina, o sono prevalenti le Chiese cristiane con origine metropolitane di Chiesa di Stato, come è il caso di Chiese come quelle cattolica, anglicana, luterana e in certi casi perfino le Chiese riformate, è stata testimoniata una discriminazione per le religioni e le Chiese di minoranza. Spesso questi gruppi maggioritari hanno la tendenza a voler esercitare una influenza pervasiva sulle istituzioni statali. In alcuni casi estremi, le religioni dominanti hanno cercato di unirsi con lo Stato per sopprimere addirittura piccoli gruppi religiosi ritenuti «indesiderabili».

Se per un verso la libertà religiosa è esplicitamente contemplata dalla maggior parte delle Costituzioni africane, per altro verso, la sua comprensione e il suo rispetto da parte degli organi statali e dalle chiese non è stata certo priva di confusione.

Questa confusione in generale ha assunto la forma di governi che spesso ricordano alle persone religiose che esse dovrebbero essere grate della libertà di cui godono; similmente alcune Chiese sono state udite ringraziare i governi per la libertà di culto loro concessa. Questo stato di cose dà l’impressione che la libertà di culto sia frutto della benevolenza dello Stato. La verità è che i governi non danno libertà di culto, né possono toglierla. Alcuni governi totalitari hanno cercato di eliminare la libertà religiosa e hanno fallito miseramente. Il ruolo del governo è di proteggere e salva- guardare la libertà dei propri sudditi di praticare la loro religione in pace. I governi possono solo intervenire quando le deviazioni morali minacciano la vita e l’integrità della popolazione e sono state provate in una corte di giustizia come perpetrate impunemente da un gruppo religioso. In questo caso il governo ha il preciso dovere di applicare giuste leggi per proteggere l’innocente. In molte occasioni in Africa dei gruppi religiosi impopolari hanno subito persecuzioni da parte dello Stato senza nessuna giustificata offesa da essi recata, ma non per il fatto di essere «strani» o «differenti». Lo Stato deve proteggere ugualmente tutti i gruppi religiosi sotto le giuste leggi della libertà religiosa.

Passi da fare per promuovere la libertà e la tolleranza

Per promuovere la libertà religiosa e la tolleranza in Africa, sarà necessario rendere le popolazioni africane consapevoli del fatto che la libertà è ampia e include il diritto di credere e di praticare la propria religione senza interferenze.

Questa libertà è data da Dio e non può essere tolta. Questo primo congresso sulla libertà religiosa in Africa è un passo fatto nella giusta direzione perché il livello di libertà in questo continente, inclusa quella di religione e di coscienza, è ancora basso nonostante, ripeto, le formali garanzie costituzionali. Per conseguenza, nell’intento di incrementare la libertà religiosa in Africa, noi suggeriamo:

  1. Opportunità per educare tutti i cittadini sulla loro libertà e le vie legali per difenderla.
  1. Espansione dell’istruzione religiosa dalla scuola elementare all’università in un contesto non settario in cui l’eredità religiosa dell’umanità è presentata in modo accademico e obiettivo. Il governo del Kenya ha fatto passi notevoli in questo campo preparando quattro distinti «prospetti»: istruzione religiosa cristiana per stu- denti cristiani; istruzione religiosa islamica per studenti islamici; istruzione religiosa indù per induismo e religioni affini; etica sociale per studenti che non sono inclini ad abbracciare una di queste religioni principali della società keniota.

Gli studenti possono seguire questi programmi di studio a livello universitario. Va osservato che un «sillabo» comparativo e più esteso che esponga agli studenti tutte queste religioni non è disponibile fino all’università. Esso può risultare necessario per aiutare gli studenti a conoscere fino al livello elementare gli insegnamenti fondamentali delle altre religioni in maniera simpatica. Possiamo dire che gli studenti ai quali vengono esposti gli insegnamenti di altre religioni assumono atteggiamenti più comprensivi nei confronti di quelle che sono diverse dalla loro.

  1. Se ben studiate si vedrà che tutte le religioni presentano elementi positivi e negativi per lo meno nel modo in cui sono state praticate nel corso della loro storia, riducendo, così, lo sciovinismo e l’egocentrismo religioso.
  2. Quando le persone si trovano in contatto fra loro nelle città, nelle scuole, negli affari, nel tempo libero, più facilmente ci saranno franchi ed aperti scambi di idee che contribuiranno ad arricchire l’esperienza in materia religiosa.
  3. L’accrescimento della cooperazione interreligiosa e interdenominazionale, in modo particolare nell’ambito degli aiuti offerti a chi è nel bisogno, e la necessità di far fronte comune contro le minacce alla comune sopravvivenza, potrebbero essere dei mezzi per ridurre al minimo le tensioni e i sospetti religiosi.
  4. Le pari opportunità di utilizzo dei mezzi pubblici (radio, televisione, ecc.) da parte di tutte le tradizioni religiose in luogo del solito monopolio garantito alle religioni dominanti su tutti i mezzi Inoltre, alcuni gruppi religiosi che hanno la tendenza ad essere riservati e malsicuri è bene che vengano allo scoperto e si presentino senza timore, esponendo liberamente le proprie idee.
  5. Dovrebbero essere forniti libri semplici e stampati scritti dagli stessi africani su vari argomenti religiosi per istruire la maggioranza dei seguaci sulle varie forme   di fede che spesso sembrano trattare le credenze religiose solo a livello emotivo e socioculturale perpetuando, così, una forma di ignoranza in materia di religione in un mondo in cui le persone si fanno sempre di più riflessive.
  6. Visite di persone appartenenti a differenti fedi in modo particolare durante i «festival» religiosi e particolari occasioni potrebbero essere attuate più di quanto non sia stato fatto fin qui. I cristiani dovrebbero visitare le moschee e i templi indù, mentre gli altri, a loro volta, dovrebbero visitare le chiese cristiane in questa nuova era di «aperture».

Ci piacerebbe suggerire altri modi per incrementare la libertà e la tolleranza in materia di religione, ma il punto che intendiamo sottolineare, che piaccia o meno, è che i nostri figli e le generazioni future continueranno a vivere in un mondo pluralistico, con problemi di carattere politico, sociale e religioso per cui prima saremo preparati per questo genere di vita, meglio sarà per tutti e questo indipendentemente da tradizioni e preferenze religiose nella nostra società. Sono state espresse legittime lagnanze perché alcune religioni hanno dominato i pubblici mezzi di comunicazione.

Conclusione

La tolleranza che abbiamo sin qui sostenuto non va intesa come indifferenza alle specifiche ricchezze di ciascuna tradizione. Simile eventualità non sarebbe né desiderabile, né benefica. La tolleranza religiosa non significa inoltre solo la sterile e rassegnata consapevolezza che esistono altre religioni. Essa deve essere intesa come il riconoscimento che persone di altre fedi differenti dalla nostra hanno gli stessi diritti nostri di praticare la religione di loro scelta e, come noi, hanno bisogno di comprensione e simpatia. La tolleranza religiosa, inoltre, non è anti-missionaria e anti-evan- gelica. Coloro che vivono seriamente la loro fede religiosa debbono condividerne i benefici col loro prossimo ogni volta che se ne offre l’opportunità. Tolleranza religiosa significa capacità di amare e rispettare persone che non condividono la nostra fede e astenersi dall’emettere giudizi sulla loro sorte e sul loro destino eterno, perché questo è nelle mani di Dio che ha creato tutto e che è il Signore di tutti.

Questo tipo di tolleranza religiosa è tutt’altro che incompatibile con l’eredità delle religioni africane e dovrebbe caratterizzare l’esperienza religiosa africana.

W. WARUTA Presidente delle chiese battiste di Africa. Articolo edito in Coscienza e Libertà 19/1992.

NOTE

1 J. S. Nbiti, African Religions and Philosophy, Heineman, Londra, 1969, p. 4.

2 G. Parrinder, Africa’s Three Religions, Sheldom Press, Londra, 1969.

3 Ali A. Mazrui, The Africans: a Triple Heritage, BBC Publications, Londra, 1986.

4 E. A. Nida, Customs and Cultures Pasadena, W. Carey Library, California, 1954.

5 Webster’s New Collegiate Dictionary, Springfield, Mass. G. C. Merriam company, 1967.

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