L’esigenza di una legge organica sulla libertà religiosa fu avvertita già nel 1988 dal Presidente del Consiglio pro-tempore, Ciriaco De Mita, il quale si rivolse al Professor Margiotta Broglio, Presidente della Commissione per l’attuazione delle disposizioni dell’Accordo Italia-Santa Sede del 1984, affinché predisponesse un testo di disegno di legge da presentare in Parlamento.

La sua redazione fu curata quindi, oltre che dal Professor Margiotta Broglio, anche dai Professori Cardia e Mirabelli, componenti della stessa Commissione. Il testo di disegno di legge organico sulla libertà religiosa fu sottoposto però all’esame del Consiglio dei Ministri per la prima volta solo nel 1990, dal Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, On. Andreotti. Dopo l’approvazione, il disegno di legge si arenò alla Ragioneria Generale dello Stato a causa della difficoltà di individuare la copertura finanziaria per le minori entrate derivanti dalla prevista possibilità di dedurre, ai fini Irpef, le liberalità fino a due milioni di lire destinate alle Confessioni religiose. Questa difficoltà, incontrata ancor prima dell’avvio dell’iter legislativo del disegno di legge, condizionò le successive stesure, dalle quali tale previsione fu definitivamente eliminata.

Il testo, rivisto dalla Commissione consultiva per la libertà religiosa, nel frattempo istituita con DPCM (presieduta dal Prof. Margiotta Broglio e composta dai professori Cardia, Long, Pastori, Pizzetti e Sacerdoti), fu quindi approvato dal Consiglio dei Ministri nel 1997, e presentato alla Camera dei Deputati su iniziativa del Presidente Prodi.

Dopo un’ampia discussione presso la I Commissione Affari Costituzionali, arricchita da numerose audizioni condotte con estrema competenza dall’Onorevole Maselli, relatore del disegno di legge, non si riuscì purtroppo a giungere alla sua approvazione prima del maggio 2001, fine della XIII Legislatura.

Nel 2002 (XIV Legislatura), l’iniziativa governativa, promossa dal Presidente Berlusconi, approdò alla Camera dopo che i Deputati Spini e Molinari avevano già presentato le loro proposte modellate sul precedente disegno di legge del Presidente Prodi. A seguito di tormentate riunioni, di cui si può prendere visione sui resoconti parlamentari, la Commissione Affari Costituzionali approvò un testo abilmente confezionato dal relatore, On. Patrizia Paoletti Tangheroni (succeduta all’On. Bondi), che accoglieva alcuni dei numerosi emendamenti presentati nel corso della discussione, ignorando invece quelli che sollevavano forti dubbi di legittimità costituzionale. Questi ultimi avevano infatti il chiaro obiettivo di im- pedire la nascita di una qualsiasi legge sulla libertà religiosa, evidenziando la mancanza di una diffusa volontà politica di portare a termine l’iter parlamentare. L’Assemblea della Camera non iniziò neanche l’esame del disegno di legge.

In considerazione dei turbolenti precedenti, nelle due ultime Legislature i Governi che si sono succeduti non hanno più promosso iniziative legislative al riguardo, mentre, ancora una volta, alcuni parlamentari si sono fatti portatori dell’esigenza di introdurre nell’ordinamento giuridico italiano una legge organica sulla libertà religiosa. Nella XV Legislatura, infatti, la I Commissione della Camera ha predisposto una bozza di documento sulla base delle iniziative degli Onorevoli Spini e Boato, che sostanzialmente si ispiravano ai testi governativi precedentemente presentati, ma senza alcun esito positivo. Al Senato i due disegni di legge Malan e Negri non furono neanche discussi.

Nella XVI e attuale Legislatura sono state presentate due proposte, rispettivamente dall’onorevole Zaccaria e dall’On. Miglioli, le quali non sono state ancora iscritte all’ordine del giorno della Commissione. Nelle stesse condizioni si trovano anche le iniziative dei Senatori Malan e Negri.

Perché una legge organica sulla libertà   religiosa?

Obiettivo principale della legge organica sulla libertà religiosa è quello di integrare la riforma della legislazione ecclesiastica, avviata nel 1984 con la revisione concordataria e con la prima applicazione dell’articolo 8 della Costituzione attraverso la firma dell’intesa con la Tavola valdese, cui ne sono seguite altre con diverse confessioni non cattoliche, e dare così una completa attuazione ai principi costituzionali e internazionali in materia di libertà di religione o convinzione.

Parallelamente, ci si propone di abrogare la legge 24 giugno 1929, n. 1159 ed il Regio Decreto 28 febbraio 1930, n. 289, che disciplinano ancora oggi i culti diversi da quello cattolico, allora definiti «ammessi» con riferimento al principio di religione di Stato (sancito dal Trattato Lateranense del 1929 e non più vigore a seguito dell’Accordo di modificazione del Concordato, firmato nel 1984). Infatti, malgrado alcuni provvidenziali interventi operati dalla Corte Costituzionale sulle norme contenute nei provvedimenti citati, esse si fondano pur sempre su principi diversi da quelli della Costituzione democratica e si palesano, a volte, in netto contrasto con essa.

Secondo la Costituzione, tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge (primo comma art. 8), tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, sia in forma individuale che collettiva, di farne propaganda e di esercitarne il culto in privato e in pubblico, purché non si tratti di riti contrari al pubblico pudore (art. 19). L’art. 20, nel completare il quadro normativo volto a salvaguardare la libera manifestazione del fenomeno religioso, stabilisce il divieto di speciali limitazioni legislative e di speciali gravami fiscali per le confessioni religiose. Inoltre, il principio di uguaglianza, che esclude ogni discriminazione basata anche sulla religione (art. 3), le libertà di riunione (art.17), di manifestazione e diffusione del pensiero (art.21), di associazione (art.18) concorrono a garantire le espressioni religiose.

Su questa base, la Corte Costituzionale ha affermato che la libertà di coscienza costituisce il fondamento dei diritti dell’individuo e deve essere protetta come tutti i diritti inviolabili dell’uomo. Essa riguarda i credenti come i non credenti, e comprende sia la professione di fede religiosa sia le opinioni in materia religiosa. I valori di libertà religiosa e il sistema di relazioni con le confessioni religiose (artt. 7 e 8, terzo comma) concorrono, secondo la Corte Costituzionale, a strutturare il principio di laicità dello Stato, che non significa indifferenza dinanzi alla religione, ma implica imparzialità rispetto alle diverse confessioni e garanzia per la salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale.

La legge sulla libertà religiosa e il sistema di regolazione bilaterale dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose

La libertà religiosa comprende anche la dimensione istituzionale e l’eguale libertà delle confessioni e organizzazioni religiose in quanto tali. Ad esse è riconosciuto il diritto di organizzarsi secondo la propria struttura gerarchica ed istituzionale, che costituisce la premessa del principio di bilateralità nella disciplina dei rapporti con lo Stato (articoli 7 e 8). Con la legge organica ci si propone quindi di contribuire all’attuazione della tutela dell’autonoma organizzazione degli interessi religiosi collettivi, senza modificare o pregiudicare il sistema di regolazione bilaterale dei rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, ma, anzi, agevolando la vita di istituzioni, associazioni, organizzazioni con finalità di religione o di culto.

Nei diversi testi delle iniziative legislative che si sono succedute, sono ripresi alcuni contenuti delle intese con le confessioni religiose concluse ai sensi del terzo comma dell’articolo 8, volte essenzialmente ad assicurare, tra l’altro:

  • la nomina di ministri dei culto e l’organizzazione confessionale senza ingerenza statale, superando così la previsione dell’approvazione del Ministro dell’interno di cui alla legge 24 giugno 1929, n. 1159;
  • il libero esercizio del loro ministero, salvo il rilascio di una apposita certificazione da parte della confessione religiosa necessaria per il compimento di atti aventi effetti civili (es.: celebrazione del matrimonio avente effetti civili);
  • l’assistenza spirituale alle persone ricoverate negli ospedali, ai detenuti, agli appartenenti alle Forze Armate e alle Forze di Polizia da parte dei ministri appositamente designati, senza le preventiva autorizzazione prevista dal Regio Decreto n. 289 del 1930;
  • l’equiparazione, ai fini tributari, degli enti aventi fini di religione o di culto, agli enti di istruzione o beneficenza, in analogia con quanto previsto per la Chiesa cattolica con la legge n. 222 del 1985;
  • la tutela degli edifici di culto da requisizioni, occupazioni, espropriazioni o demolizioni e il divieto d’ingresso della forza pubblica salvo urgente necessità;
  • la celebrazione del matrimonio religioso con effetti civili;
  • l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche nell’ambito delle attività didattiche integrative (con oneri a carico delle confessioni);
  • il rispetto delle tradizioni religiose relative al trattamento delle salme e alla sepoltura (compatibilmente con la normativa vigente) e il diritto a disporre di aree cimiteriali.

Occorre qui precisare che l’approvazione di una legge sulla libertà religiosa non escluderebbe la possibilità, per le confessioni che ne facessero richiesta, di addivenire comunque alla conclusione di intese ai sensi del terzo comma dell’articolo 8. In questo caso, i contenuti potrebbero essere limitati solo agli specifici profili richiedenti un atto di natura bilaterale (riconoscimento delle festività religiose di ciascuna confessione, concorso alla ripartizione della quota dell’8 per mille del gettito IRPEF, ecc.).

La legge organica sulla libertà religiosa ha anche il fine di fornire, alle confessioni religiose che lo desiderano, e in una forma compatibile con i principi costituzionali, gli strumenti giuridici necessari, a cominciare dalla personalità giuridica, per poter agire nei diversi settori della vita associativa e dei rapporti patrimoniali.

Perseguendo lo scopo di abrogare la citata normativa del 1929/1930, dedicata all’esercizio dei culti ammessi nello Stato, le iniziative legislative presentate nel corso degli anni hanno ridisegnato l’iter procedurale per il riconoscimento della personalità giuridica, contenuto ancora nelle disposizioni di epoca fascista, delle confessioni religiose che ne sono ancora prive, attenendosi ad un criterio di snellezza che mantenga gli accertamenti e le verifiche negli ambiti costituzionali. Fin dalla prima stesura della legge sulla libertà religiosa è stato perseguito anche l’obiettivo di definire con norme di rango primario la procedura per la stipulazione delle intese di cui all’articolo 8 della Costituzione, finora lasciata alla prassi, pur se ampiamente consolidata fin dal 1984.

I diversi disegni di legge fin qui presentati hanno seguito la strada tracciata dalla consuetudine, prevedendo che l’istanza debba essere presentata al Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale delega il Sottosegretario-Segretario del Consiglio dei Ministri a condurre le trattative con la confessione religiosa sulla base della proposta formulata dalla apposita Commissione interministeriale e da una rappresentanza della confessione stessa. La bozza di intesa deve quindi essere sottoposta al Consiglio dei Ministri, come previsto dalla legge n. 400 del 1988 (che disciplina l’organizzazione della Presidenza del Consiglio) prima della firma da parte del Presidente e del rappresentante della confessione.

Un emendamento parlamentare, approvato durante la discussione del disegno di legge nel corso della XIV Legislatura, ha introdotto la previsione di una comunicazione al Parlamento prima della firma dell’intesa. Ciò consentirebbe di coinvolgere le Camere nella fase precedente dell’iter legislativo del disegno di legge di approvazione dell’intesa.

Personalmente ho trovato questa innovazione di grande interesse, e auspico che sia presa in considerazione nella stesura di una prossima iniziativa legislativa, in quanto il coinvolgimento “a monte” del Parlamento potrebbe evitare quei lunghissimi e finora improduttivi iter legislativi in cui si sono incagliate le sei intese attualmente all’esame delle Camere, alcune delle quali firmate già nel 2000, e che non sono ancora divenute leggi.

 

ANNA NARDINI Coordinatore Ufficio Studi e Rapporti Istituzionali presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Articolo edito in Coscienza e Libertà 46/2012.

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