Introduzione

Eccellenze, Signore e Signori, in primo luogo desidero ringraziare il Governo e il Ministero degli Affari Esteri italiano, e in particolare il Presidente del Comitato Interministeriale per i diritti umani, S. E. l’Ambasciatore Gianludovico de Martino, per l’invito di unirmi a voi qui a Treviso, in occasione della conferenza internazionale dal titolo La libertà di coscienza, di pensiero e di religione: quali sono i limiti al progresso sociale, economico e culturale?

Vorrei condividere alcune mie riflessioni sul tema «Diritti umani, libertà religiosa e libertà di espressione nel mondo contemporaneo. La “questione Charlie” o come affrontare divergenze simili. Alcune valutazioni».

Sono particolarmente lieto di inviare le mie congratulazioni a S. E. il prof. Adama Dieng, Consigliere speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, per il suo eccellente lavoro come ambasciatore internazionale per i diritti umani. Desidero inoltre esprimere la mia particolare attenzione a S.E. la signora Federica Mogherini, Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica della sicurezza, vicepresidente della Commissione europea ed ex Ministro degli Esteri italiano, persona eminente che ho avuto la possibilità di incontrare quest’anno al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra.

Estendo anche il mio profondo apprezzamento al Governo italiano sia per il suo impegno per la sicurezza e la cooperazione nelle politiche di assistenza umanitaria e di cooperazione allo sviluppo, sia in termini di tutela e promozione dei diritti e delle libertà fondamentali. Apprezzo in modo particolare che il Ministro degli Esteri italiano, on. Paolo Gentiloni, abbia dichiarato: «L’Italia sottolinea la dimensione collettiva della libertà religiosa e la sua difesa attiva» (2), in occasione della Conferenza internazionale di Treviso, organizzata dal presidente italiano del Comitato interministeriale per i diritti umani. S. E. Gianludovico De Martino, con il sostegno del Sottosegretario di Stato, l’on. Benedetto Della Vedova, ha dimostrato una notevole attenzione da parte del Ministero degli Affari Esteri italiano per la dimensione globale della libertà religiosa.

Gli intellettuali analizzano (3) il funzionamento dei sistemi internazionali; questi sono sviluppati da statisti. C’è una grande differenza tra il punto di vista di un analista e quello di uno statista. L’analista dispone di tutti i fatti; egli è giudicato in base alla sua capacità intellettuale. Lo statista deve agire su valutazioni che fa senza avere prove; la storia lo giudicherà sul modo, saggio o meno, in cui ha gestito il cambia- mento inevitabile e soprattutto sul suo modo di salvaguardare la pace.

Il fatto che statisti, studiosi, ministri ed esperti di diritti umani siano tutti coinvolti in questo straordinario convegno internazionale di Treviso e lavorino insieme per trovare soluzioni ai problemi scottanti contemporanei, deve essere visto come una prospettiva positiva dell’orizzonte dei diritti umani a livello regionale e internazionale. Se si considerano le sfide dei diritti umani, i problemi relativi alla libertà religiosa, la violenza e il terrorismo in nome della religione, le migrazioni, i rifugiati, e tante altre questioni umanitarie contemporanee, penso che sia davvero necessario ripensare e ricostruire il sistema internazionale.

La struttura dell’ordine mondiale del XXI secolo deve essere mostrata (4) da una parte, come soggetta a pressioni, problemi e crisi e, dall’altra, per l’assenza di un efficace meccanismo di applicazione a livello della comunità internazionale. In primo luogo, la natura stessa dello Stato, unità fondamentale della vita internazionale, è soggetta a numerose pressioni: è attaccata e smantellata deliberatamente o corrosa dalla negligenza, spesso superata dagli eventi o vanificata nelle sue aspettative e nelle sue prospettive da varie crisi umanitarie importanti quali migrazione, violenza e terrorismo di matrice religiosa. Ma non è sicuro che le rivendicazioni di pace e sicurezza mondiale, distinte da ogni concetto strategico globale condiviso, siano in grado di risolvere profonde tensioni, questioni e problemi di libertà religiosa, di espressione, terrorismo, migrazione e dignità di ogni essere umano.

In secondo luogo, si noti l’assenza di un meccanismo efficace per consentire alle grandi potenze di consultarsi e cooperare sui problemi fondamentali. Ad esempio, in occasione delle riunioni del Consiglio di sicurezza o del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, i capi di Stato e gli ambasciatori partecipanti, per la natura stessa delle loro posizioni, si focalizzano particolarmente sull’impatto delle loro azioni nei confronti del pubblico presente alle riunioni; essi sono tentati di enfatizzare le implicazioni tattiche o l’aspetto delle relazioni pubbliche. Una struttura contemporanea di norme e regolamenti internazionali, se si è dimostrata rilevante, non può essere affermata con una semplice dichiarazione congiunta; deve essere alimentata come soggetto di convinzioni comuni.

Sfide contemporanee

Viviamo in un mondo complesso, alle prese con cambiamenti epocali. Ecco alcune sfide della società contemporanea:

  1. Il rispetto per le differenze e la tutela delle minoranze religiose;
  2. L’impegno in linea con gli obiettivi comuni;
  3. Le politiche di adattamento ai cambiamenti globali e per affrontare le violenze religiose;
  4. Il rispetto della dignità;
  5. L’ambiguità del postmoderno;
  6. Le divergenze sui valori comuni, l’approccio ai diritti umani e alla libertà di espressione;
  7. Le questioni relative alle migrazioni e ai rifugiati.

1- Il   rispetto   per   le   differenze   e   la   tutela   delle   minoranze   religiose   La difesa della giustizia e la tutela delle minoranze religiose oggi sono una sfida. Una delle grandi difficoltà è quella di conciliare l’identità culturale e il rispetto per le diversità, in una società in cui varie credenze e culture coesistono. Dobbiamo mirare a realizzare una società più giusta e fraterna attraverso un cambiamento nei nostri atteggiamenti mentali e nel nostro comportamento. Secondo il primo ambasciatore degli Stati Uniti per la libertà religiosa, Robert Seiple, «i governi che ignorano la libertà religiosa delle minoranze o che esercitano discriminazioni nei loro confronti non possono ottenere sicurezza per la maggioranza».

2- Gli sforzi in linea con gli obiettivi comuni   La base pedagogica per la pace, il rispetto e la non-violenza sono alla base di un’educazione portatrice di speranza e di crescita della libertà. Le conquiste sociali non saranno mai il risultato del lavoro di un singolo individuo o di un gruppo di persone entusiaste e impegnate. Non sono neanche opera esclusiva di un governo o di un’amministrazione. Provengono da un lavoro consapevole e coerente di un gruppo di persone che sono d’accordo su obiettivi comuni.

3- Le politiche di adattamento ai cambiamenti globali e per affrontare le violenze religiose   Circa l’ordine mondiale, la situazione cambia e diventa più radicale con la perdita di autorità e di legittimità dei valori. Oggi, praticamente tutte le rivendicazioni culturali nascondono una certa violenza di natura religiosa. Appartenere alla stessa cultura o religione non è garanzia di tolleranza o felicità politica. Secondo le risoluzioni dell’Onu risalenti al marzo 2015, la violenza «nel nome della religione», vale a dire sulla base di credenze religiose del responsabile o sull’appartenenza da esse rivendicata, può portare a massicce violazioni dei diritti umani, compresa la libertà di religione o di credo. Il messaggio principale è che la violenza in nome della religione non dovrebbe essere percepita come un’esplosione «naturale» e collettiva di atti aggressivi, che riflettono le ostilità settarie esistenti da secoli. Essa generalmente deriva, invece, da fattori e da attori contemporanei, comprese le circostanze politiche. Il relatore speciale raccomanda anche azioni concertate da parte di tutti i soggetti interessati come stati e comunità religiose, organizzazioni della società civile e rappresentanti dei media, al fine di contenere ed eventualmente eliminare la fonte delle violenze perpetrate in nome della religione.

4- Il rispetto della dignità   L’individualità è ciò che dà all’essere umano la sua dignità specifica e questa non ha prezzo. Le differenze tra gli esseri umani sono numerose e varie. Le persone si differenziano tra loro per la comunità politica alla quale accettano di appartenere, per la loro appartenenza religiosa, culturale e per le innumerevoli altre dimensioni che costituiscono un essere umano.

5- L’ambiguità del postmoderno   Il multiculturalismo richiede la capacità di convivere con le diversità. Perché? Sa- muel Huntington ha previsto che conflitti futuri saranno sempre più determinati da fattori ideologici, economici e culturali. Le nazioni e le persone hanno bisogno di sviluppare una comprensione più profonda delle idee religiose e filosofiche di altre civiltà. La dimensione centrale e più pericolosa della politica globale emergente sarà il conflitto tra civiltà diverse, il che rende più imperativa la necessità di una educazione interculturale. Ci deve essere interazione fra tutte queste culture, senza cancellare l’identità specifica di ciascuna. Ciò che nella società postmoderna attira la nostra attenzione è l’apparente importanza data a quello che è stato definito il dibattito morale. La riflessione religiosa sulle spiegazioni globali, che mantengono alcune esigenze morali, è stata sostituita da un dibattito diretto sulle questioni morali. L’effetto sorprendente, per l’osservatore, è che vi è, per esempio, l’esigenza che le varie posizioni religiose si adattino alle successive esigenze morali o piuttosto al lassismo morale così diffuso tra di noi. Una certa relatività, o relativismo, sembra interessare tutti i valori. D’altra parte, si può dire che rimaniamo radicati nell’ambiguità del postmodernismo.

6- La «questione Charlie» o come gestire le divergenze sui valori comuni, l’approccio ai diritti umani e alla libertà di espressione   Finora, il problema del fondamento dei valori era estremamente semplice: Dio ha stabilito una normativa per gli esseri umani in modo che possano agire correttamente. D’altra parte, nel contesto di società secolari molto vicine tra loro, la situazione era simile poiché i precetti etici erano ben ancorati. Obbedire e rispettare i valori era un atteggiamento palese. Tutto cambia con sempre maggiore autonomia e responsabilità individuale, al punto che l’imperativo non viene più   da Dio, dalla religione, dallo Stato o dalla società, ma dal singolo direttamente. Secondo il prof. Heiner Bielefeldt, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo, dividere l’idea dei diritti umani tra concezione «occidentale», «islamica» e altre culturalmente definite, sarebbe la fine dei diritti umani universali. Il linguaggio dei diritti umani non sarebbe altro che un’arma retorica in una competizione interculturale. Dobbiamo trovare una via d’uscita dalla difficile situazione del relativismo culturale contro l’imperialismo culturale. Abbiamo bisogno di una difesa critica dei diritti umani universali, in modo da lasciare spazio – direi «fare spazio» – a varie interpretazioni culturali e religiose e, allo stesso tempo, evitare le insidie dell’essenzialismo culturale. Comprendiamo i diritti umani come crocevia di un «consenso per intersezione» (J. Rawls) sugli standard normativi fondamentali nelle nostre società sempre più multiculturali. Il «consenso per intersezione» è l’ideale per una società pluralistica moderna, non la descrizione di uno status quo. Esso apre lo spazio concettuale per una pluralità di visioni diverse del mondo, ideologie, religioni, dottrine filosofica, ecc (5). Abbiamo visto la differenza espressa dagli slogan: «Io sono Charlie» e «Io non sono Charlie». Perché? È possibile essere «Charlie» e tuttavia non essere «Charlie»? Che cosa si esprime dicendo a se stessi di essere «Charlie», ma anche di non essere «Charlie»? Dire «Sono Charlie» significa condannare con forza il terrorismo e la per- dita di vite umane, ma anche riconoscere e sottolineare che la libertà di espressione è fondamentale per tutti gli esseri umani e deve essere tutelata dal diritto nazionale e internazionale; nessuno può rimuovere o «uccidere» questa libertà. Nel dire «Io non sono Charlie», si sottolinea che è consigliabile parlare con cautela e mostrare rispetto, soprattutto sapendo che il nostro «linguaggio», fatto di parole o di arte, tocca le sensibilità profonde di una persona o di una religione. Bisogna mettere in conto alcuni limiti da imporre alla propria libertà di espressione, al fine di rispettare i sentimenti e la dignità altrui o i temi legati alla sua religione.

Un interessante libro su «I giovani e la trasformazione dei conflitti», elaborato in collaborazione con la Commissione europea e il Consiglio d’Europa, si collega alla libertà di espressione da una prospettiva interessante e – perché no? – saggia. Mentre molte persone rifiutano l’idea che alcune cose semplicemente non dovrebbero essere criticate, lo storico inglese Timothy Garden Ash ricorda che la libertà di espressione non significa che chiunque sia autorizzato a dire qualsiasi cosa, ovunque, in ogni momento, cosa che fa diventare il dibattito estremamente delicato. Per rispettare gli altri e vivere insieme in pace, dobbiamo imporre limiti a noi stessi ed essere consapevoli di quello che possiamo e non possiamo dire in publico.6 In ogni caso, la violenza fisica non può mai essere considerata una reazione legittima a un insulto, sia esso verbale o scritto, indirizzato a una persona o a una religione.

Libertà o sicurezza, quale delle due prevale sull’altra? Direi che la libertà e la sicurezza devono prevalere (7). La religione è «responsabile» delle azioni dei terroristi che affermano di agire in nome della religione (islam)? Assolutamente no!

7- Le questioni relative alle migrazioni e ai rifugiati   I problemi legati alla questione dei profughi sono discussi in maniera approfondita dall’Unione europea e dalle Nazioni Unite. Le preoccupazioni riguardano il contesto culturale e religioso dei rifugiati.

Atteggiamenti regionali e internazionali

A proposito del contesto internazionale sulle questioni sensibili che riguardano sia i diritti umani sia i politici e gli attori internazionali, possiamo osservare le seguenti attitudini (8):

  1. Nessun consenso tra partecipanti e soluzioni da adottare;
  2. Minore cooperazione;
  3. Nessun modello comune;
  4. Regolamenti inefficaci e mancata applicazione;
  5. Sfere di interesse di esclusione.

1- Nessun consenso tra i partecipanti e le soluzioni da adottare   Gli affari internazionali ora si svolgono a livello globale e non vi è consenso tra i principali attori sulle regole e sui limiti che devono portare al processo di risoluzione dei problemi globali. Il risultato è una tensione crescente. Sulla scena geopolitica, l’ordine costituito e proclamato come universale da parte dei paesi occidentali è a un bivio. Le sue grandi linee sono in genere globalmente comprese, ma non esiste un consenso sulla sua applicazione. In effetti, concetti come democrazia, diritti umani e diritto internazionale vengono interpretati in modi così diversi che i belligeranti li invocano regolarmente uno contro l’altro in un fuoco incrociato.

2- Minore cooperazione (regionale e internazionale)   Le nazioni hanno più spesso perseguito i propri interessi che i nobili principi e sono stati più frequentemente in competizione che disposti a cooperare tra loro. Niente lascia credere che questo vecchio modo di procedere sia cambiato o che potrebbe cambiare nei prossimi decenni.

3- Nessun modello comune   Ogni partner (potenza) ha il proprio stile e segue, infatti, una concezione delle relazioni internazionali tratta dalla storia e partendo da una propria competenza (9).

4- Regolamenti inefficaci e mancata applicazione   Le regole emanate dal sistema sono state inefficaci a causa della mancanza di un’applicazione attiva. In alcune zone, i partenariati e il coinvolgimento della comunità sono stati sostituiti, o almeno accompagnati, da progressi limitati i cui confini sono costantemente sospinti…

5- Esclusione di sfere di interesse   Sono sempre più esaltate forme identitarie fondamentali come base di sfere di interesse esclusivo. Ciò si traduce in un mondo di realtà sempre più contraddittorie. Non bisogna credere che, se non prestiamo attenzione a queste tendenze, si riconcilieranno automaticamente in un mondo contrassegnato da equilibrio e cooperazione o anche che si mettano in ordine (10).

Alcune proposte

È evidente che esistono sfide alla libertà religiosa nel mondo di oggi. Che cosa dire delle garanzie? E delle soluzioni? Quali strumenti possono essere utilizzati in modo concretamente efficace?

La questione della dignità di ogni persona e la tutela della vita – in uno scenario di guerre e migrazioni, la questione dei diritti umani e della libertà di religione e di espressione, con violenze e terrorismo religioso come contesto – richiede cooperazione e un ordine internazionale, un piano strategico dotato di un meccanismo attivo, e richiede il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali basato su principi, valori, cooperazione e coordinamento internazionale.

Proposte concrete:

  1. Dialogo e comunicazione tra culture, religioni e   governi;
  2. Coordinamento del dialogo e delle azioni tra le varie categorie di operatori;
  3. Formare i formatori: educazione e formazione su principi, valori comuni e una cultura del rispetto e della non discriminazione per tutti;
  4. Non difendere una religione o una chiesa… ma il principio della libertà religiosa, della libertà di coscienza e della libertà di espressione per tutti;
  5. Prudenza ed equità sulle divergenze.

1- Dialogo e comunicazione tra culture, religioni e governi   Ecco alcuni suggerimenti per un dialogo   proficuo:

a) Abbiamo bisogno di praticare positivamente la tolleranza. Facilmente si crede di essere tolleranti per il semplice fatto che si è indifferenti. L’autorità si riserva il diritto di agire nei casi in cui qualcuno voglia imporre la propria religione, la propria morale o la propria politica in maniera coercitiva, limitando la libertà degli altri e ostacolando il libero esercizio della libertà di pensiero. La tolleranza attiva esige il riconoscimento reciproco. L’atto religioso è una componente fondamentale dell’essere umano e del suo sviluppo come cittadino globale? Certo! Conoscere le caratteristiche di una realtà che ci circonda – le visioni del mondo, dell’umanità e della società – è un modo per conoscere che cosa la morale richiede. Queste concezioni hanno almeno il valore di essere le credenze, e le esperienze, dell’altro, del mio prossimo. Se non conosco le idee, le emozioni e le speranze dell’altro, non posso conoscerlo né rispettarlo. Non posso praticare la tolleranza attiva verso di lui e proietterò una sua falsa immagine che si rivelerà ingiusta e oppressiva.

b) Siamo uguali e diversi, il che significa che dobbiamo essere tolleranti. Si può trascorrere del tempo con l’altro come pari, pur apprezzando le nostre differenze, e arricchirci reciprocamente a causa di esse. La tolleranza è il rispetto per la diversità attraverso la nostra comune umanità. In un documento dell’Unesco, la scuola è definita come il luogo per eccellenza in cui si esercita la tolleranza, nel rispetto dei diritti umani, dove la democrazia è praticata e dove si impara a conoscere la diversità e la ricchezza delle identità culturali.

c) Creare un clima di tolleranza. Il clima di tolleranza inizia con l’eliminazione dei fattori che minacciano la pace e la democrazia, cioè la violenza, la xenofobia, il razzismo, il nazionalismo aggressivo e il fondamentalismo, le violazioni dei diritti umani, l’intolleranza religiosa, il terrorismo e il crescente divario tra ricchi e poveri. Dobbiamo considerare la diversità religiosa come utile per il nostro tempo. Ma diventa negativa quando una religione di stato è stabilita per legge, o quando vi è l’obbligo effettivo di appartenere a una determinata fede o quando individui o istituzioni legati ad un’altra confessione sono esclusi deliberatamente. L’intolleranza religiosa porta spesso all’odio, alla divisione e alla guerra. Le per- sone religiose spesso tradiscono gli alti ideali che essi stessi hanno predicato fino a quel momento.

2- Coordinamento del dialogo e dell’azione tra (almeno) cinque categorie di attori   Per dimostrare l’efficacia di un approccio olistico, l’Associazione internazionale per la difesa della libertà religiosa (AidlR) ha lanciato un nuovo progetto denominato «Dialogo Cinque»: i rappresentanti delle sfere diplomatica, politica, religiosa, accademica e civile lavorino assieme. L’AidlR e l’Istituto dei diritti umani dell’università Complutense di Madrid hanno organizzato, il 17 gennaio 2014, una conferenza internazionale presso la facoltà di giurisprudenza dell’Istituto stesso. Il tema era: «Alla luce dell’Editto di Milano, libertà e minoranze religiose nel mondo: un nuovo equilibrio o nuove sfide?». Per quanto riguarda l’importanza del quadro olistico, sviluppato e proposto dall’AidlR, vi invito a leggere i commenti di Heiner Bielefeld, dove afferma (11):

«a. Attribuisco grande importanza al modello proposto in occasione della conferenza di Madrid dall’Associazione internazionale per la difesa della libertà religiosa, cioè la considerazione sistematica di “cinque” attori, vale a dire, la presenza di cinque diversi punti di vista dei diritti umani a vari livelli delle istituzioni che di essi si occupano;

b. In termini di diritti umani, abbiamo obblighi a vari livelli: nazionale, regionale e internazionale. Le credenze religiose e i diritti umani crescono in direzioni diverse e possono danneggiarsi reciprocamente. Vi è l’approccio del Consiglio d’Europa, l’approccio dell’UE, i vari approcci nazionali, l’approccio delle Nazioni Unite … Tuttavia, a volte penso che queste varie istituzioni siano effettivamente dei mondi a sé». «Abbiamo bisogno di coordinarci: uno degli obiettivi è quello di evitare reciprocamente di minare l’autorità degli standard sui diritti umani e, per questo motivo, abbiamo imparato a conoscerci meglio e ad avere consapevolezza di quanto accade, così dal mio punto di vista, mentre lavoro presso le Nazioni Unite, è estremamente importante vedere ciò che accade in seno al Consiglio d’Europa, nell’Unione europea e nei diversi paesi».

c. La struttura e lo scopo della conferenza di Madrid hanno dimostrato come evitare i pericoli, le situazioni di rischio o la perdita di autorità, perché un’istituzione potrebbe essere spinta contro le Ma è naturalmente anche un’occasione positiva per imparare gli uni dagli altri: questo è il compito della «transfecondazione».

d. Questi scambi sono necessari per imparare, a partire dalle nostre rispettive attività, come sostenerci reciprocamente e rafforzarci a vicenda, piuttosto che contrapporci, senza nemmeno sapere quello che

e. La conferenza di Madrid è davvero un esempio. È qualcosa a cui ispirarci e che abbiamo davvero bisogno di emulare. È una cosa buona e utile. In realtà, dovrebbe diventare una prassi.

f. Lo scopo dell’Associazione internazionale per la difesa della libertà religiosa è quello di sviluppare un quadro globale coerente, a vari livelli e all’interno delle istituzioni, in modo che i componenti delle infrastrutture possano integrarsi tra loro.

3- Formare i formatori Istruzione continua e formazione di governi, parlamenti e rappresentanti della società civile e religiosa ai valori comuni e alla cultura del rispetto e della non discriminazione   Cominciamo con il formare gli attori e, soprattutto, i politici, attraverso programmi educativi sulla libertà di coscienza, di religione, di espressione e di valori. La formazione sui valori è giustificata a causa delle nostre esigenze, in quanto individui, di impegnarci verso alcuni principi etici che contribuiscono a valutare le nostre azioni e quelle degli altri. Considerando questi aspetti, dobbiamo essere consapevoli delle caratteristiche di questi valori:

  1. I valori sono credenze prescrittive o principi normativi che ci suggeriscono che un certo tipo di comportamento è personalmente e socialmente preferibile ad altri quando consideriamo di opporci o di contraddirli;
  2. Vale veramente la pena di praticare questi valori;
  3. La realtà è dinamica;
  4. I valori sono qualità che ci permettono di rendere migliore il mondo;
  5. I valori sono dinamici e danno vita alle nostre azioni.

Contrariamente a quanto alcuni propongono, il pericolo che abbiamo di fronte oggi non è lo scontro di civiltà, ma la mancanza di valori condivisi. Naturalmente, i problemi e i cambiamenti nel nostro mondo riguardano tutti noi. Sempre più spesso, il ruolo dei valori dovrebbe essere incoraggiato per promuovere l’individuo e la società.

4- Non difendere una religione o una chiesa, ma il principio della libertà religiosa per tutti   Quando si considera la storia e le situazioni attuali di alcune regioni, si capisce che sarebbe inopportuno per lo stato controllare le questioni religiose, ma che i due siano separati. Lo stato non ha bisogno di promuovere una religione, ma un principio, quello della libertà religiosa e della libertà di espressione per tutti. In tal modo, è possibile prevenire meglio i conflitti e le violenze.

5- Usare cautela ed equità nel risolvere le divergenze   La libertà di espressione è una libertà fondamentale e deve essere tutelata e rispettata dal diritto nazionale e internazionale. Per vivere insieme pacificamente, dobbiamo porci dei limiti, essere consapevoli di ciò che possiamo e non possiamo dire in pubblico, misurare le conseguenze, soprattutto quando sappiamo che il nostro linguaggio può toccare la sensibilità di un individuo e la sua religione. Non è necessario essere d’accordo sulla religione o la cultura degli altri, ma dobbiamo rispettare la diversità e la dignità della religione, l’identità e la cultura degli altri. Abbiamo bisogno di un dialogo interreligioso e interculturale per conoscerci meglio e rispettarci reciprocamente. Mentre alcuni fanno errori in termini di libertà di espressione a causa di una vera e propria ignoranza, altri ripetono errori per arroganza. Il secondo caso è più conflittuale e in grado di produrre ben più gravi conseguenze. Rispettando la diversità che l’altro rappresenta, sosteniamo e salvaguardiamo la pace e la sicurezza.

Alcune riflessioni  e conclusione

a) Con l’esempio e le sue politiche, ciascun paese delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, dell’Unione europea può e deve promuovere la cultura della non discriminazione e del rispetto, la giustizia, la tolleranza e la libertà per tutti i popoli, le religioni, le culture, le civiltà, le minoranze religiose e la dignità di tutti.

b) Nessuno, né le diverse confessioni cristiane, né i musulmani, gli ebrei, gli indù, i buddisti, i baha’i o i comunisti, ecc., ha un qualsiasi diritto morale per fare pressione su chiunque affinché accetti le proprie filosofie, credenze o religione; nessuno ha il diritto di impedire all’altro di condividere volontariamente ciò in cui crede o impedire di cambiare religione.

c) I governi non dovrebbero imporre una ideologia o praticare discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose e di altre minoranze; né manifestare discriminazione, intolleranza o perseguitare chiunque abbia una convinzione diversa, sulla base della libertà di coscienza.

Promuoviamo il rispetto per le differenze all’interno di una società in cui molte fedi e culture coesistono.

Ringrazio il Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale italiana per l’organizzazione di questa conferenza internazionale di Treviso. È solo attraverso il lavoro di statisti, docenti universitari, politici, leader religiosi, diplomatici, rappresentanti della società civile e giornalisti, che siamo in grado di avere una visione positiva sull’orizzonte dei diritti umani e sulle questioni religiose a livello regionale e internazionale.

Con la sua esperienza, strategia e visione, l’AidlR è sempre stata e continuerà ad essere un partner serio e un sostegno per governi, parlamenti e organizzazioni internazionali e regionali, come per esempio le Nazioni Unite, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa e l’Osce, nella promozione e tutela dei principi democratici, delle leggi e della non discriminazione nei confronti delle minoranze religiose, e per rispettare la dignità di ogni essere umano, delle libertà fondamentali, del principio della libertà di coscienza, di religione e di espressione per tutti.

Diventiamo gli ambasciatori della libertà, della dignità e della pace!

 

LIVIU O LTEANU – Segretario generale dell’Association internationale pour la défense de la liberté religieuse (Aidlr).

NOTE

1 Una parte di questo studio è stato presentato a Treviso in occasione della conferenza internazionale organizzata dal Ministero degli Affari Esteri italiano, il 18 e 19 settembre 2015. Una sintesi della conferenza è stata trasmessa in forma scritta presso l’Osce Hdim a Varsavia,il 30 settembre 2015.

2 http://www.esteri.it/mae/en/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/2015/09/gentilonialla-conferenza-internazionale.html. Il ministro Gentiloni ha partecipato alla conferenza internazionale e rilanciato un piano d’azione contro la violenza etnica e religiosa in Medio Oriente.

3 H. Kissinger, World Order, Penguin Group, New York, 2014.

4 Ibidem.

5 H. Bielefeldt, Conceptions «occidentale» contre «islamique» des droits de l’homme? Une critique de l’essentialisme culturel dans le débat sur les droits de l’homme.

6 Y. Ohana, Youth transforming conflict. T-Kit Youth transforming conflict, partneriato tra Commissione europea e Consiglio d’Europa sui giovani, pubblicazioni del Consiglio d’Europa, ottobre 2012.

7 Questo argomento sarà affrontato in maniera specifica in un prossimo numero della rivista Coscienza e Libertà.

8 H. Kissinger, Diplomatia, Simon & Schuster Paperbacks, trad. Mircea Stefancu, 2013.

9 Ibidem, p. 716.

10 H. Kissinger, World Order, Penguin Group, New York, 2014, pp. 364, 365.

11 A/HRC/25/NGO/121, p. 4.

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