Coscienza e Libertà: Onorevole Umberto D’Ottavio, come declina lei il rapporto tra libertà di coscienza e responsabilità politica?

Umberto D’Ottavio: Ho già fatto appello alla libertà di coscienza in gioventù, rifiutando di fare il servizio militare e svolgendo in alternativa il servizio civile. Non fu una decisione facile, perché la scelta dell’obiezione di coscienza richiede una forte convinzione e, soprattutto, una coerenza di comportamenti conseguenti. Nella mia vita ho cercato di coniugare la volontà di rifiuto all’uso delle armi con la ricerca del dialogo, anche quando ho avuto responsabilità politiche. Rendere onore all’impegno delle forze armate, specialmente quelle impegnate in missioni di pace all’estero, non è alternativo a considerare l’uso della forza, peggio ancora la guerra come strumento sempre da evitare. In questo senso, assumere responsabilità politiche può apparire come limitante della propria libertà di coscienza, ma un responsabile politico «pacifista» sarà sempre meno propenso all’uso della violenza o della guerra di chiunque altro!

 

CeL: Oggi nel nostro Paese alcuni diritti di coscienza vengono riconosciuti con notevole fatica, pensiamo al tema delle unioni civili, oppure vengono disattesi come accade per il testamento biologico o la piena libertà religiosa e di culto, con tutti i diritti che ne conseguono, per tutti coloro che appartengono a minoranze religiose non aventi con lo Stato alcuna intesa. Come giudica questa estrema lentezza delle istituzioni e quali sono le cause?

U.D’O.: I ritardi delle istituzioni sono il risultato di una vera e propria preoccupazione che la politica ha nei confronti della pancia del Paese per paura di perdere consenso. In realtà, la società italiana sui diritti civili è spesso più avanti e i ritardi vengono fatti pagare ai più deboli e ai meno abbienti! Quanti italiani hanno risolto questioni da noi vietate perché ricchi e senza problemi. Altro tema è quello delle minoranze religiose senza intesa con lo Stato. Su questo dobbiamo rilanciare una nuova attenzione, credo che sia proprio nell’interesse dello Stato. L’instabilità politica non aiuta a fare pensieri lunghi, siamo troppo presi dall’emergenza e dal poco tempo a disposizione. Ma spero in tempi migliori, ne abbiamo bisogno.

CeL: La nuova legge sulla cittadinanza, che aprirebbe significativi margini di inclusione sociale e giuridica per coloro che vivono, crescono e lavorano stabilmente nel nostro Paese, quando taglierà, a suo giudizio, il traguardo?

U.D’O.: La Camera ha approvato la nuova legge un anno e mezzo fa, oggi è all’attenzione del Senato; se la legislatura andrà alla sua scadenza naturale, sono convinto che il Parlamento concluderà positivamente la questione. Lo dobbiamo soprattutto ai tanti bambini «stranieri» nati in Italia.

CeL: La Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera, di cui lei è membro, ha al vaglio dei progetti di legge che implementino la capacità inclusiva e il carattere pluralista della scuola italiana?

U.D’O.: Il tema dell’inclusione e del pluralismo della nostra scuola è la cifra della legge 107, cosiddetta «buona scuola», adesso siamo nella fase di predisposizione degli strumenti necessari per l’attuazione. Moltissimo si gioca sulla capacità e sulla preparazione degli insegnanti. Per questo, in Commissione sono molti i provvedimenti che rilanciano proprio questi temi. In queste settimane vedrà la luce un nuovo testo di legge sull’educazione di genere, per contribuire a un maggiore rispetto delle differenze.

CeL: Come giudica la carica dei cosiddetti «populismi» in Europa e negli Usa? È il sintomo di una richiesta di più democrazia e trasparenza, come molti si affrettano a spiegare, o una critica più radicale al sistema della rappresentanza professionalizzata nel quadro di una lotta contro le élite?

U.D’O.: Secondo me, è il combinato disposto fra crisi economica sociale e crisi della democrazia, dove dentro c’è anche una critica alla politica professionale, ma molto di più all’inefficienza delle risposte che la politica riesce a dare ai problemi dei cittadini. Alcune domande di fondo non trovano risposta, come la crisi occupazionale. Se non si apre un dibattito serio sul futuro di una società, le cui premesse sono entrate in crisi, quelle dello spazio per tutti, frutto di una crescita continua, si rischia, appunto, di escludere troppi cittadini i quali hanno tutto il diritto di critica al sistema. Come mantenere uno spazio per tutti senza una crescita economica è la sfida. Forse aveva ragione Marx? Di sicuro, la lotta per ridurre le disuguaglianze è ancora la priorità.

 

UMBERTO D’OTTAVIO – Intervista di Coscienza e Libertà all’On. Umberto D’Ottavio, membro della VII Commissione (Cultura, Scienza e Istruzione) e della Commissione Parlamentare per la Semplificazione.

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